[AGCOM] Rimodulazione del piano “Top 3 Privilege” e disamina della vessatorietà
Interessante delibera Agcom relativa ad una controversia tra utente e operatore arrivata in decisione.
Siamo nel 2008, ma in questa delibera ( tardiva ? :rolleyes: ) viene affrontata una vecchia famosa questione: una delle prime rimodulazioni tariffarie attuate dall'operatore H3g S.p.A. , la rimodulazione del piano tariffario "Top 3 Privilege".
Diciamo subito che l'istanza presentata dal dott. xxx è stata rigettata dall' Agcom, ma molto interessante è la lettura di alcune parti della delibera e le sue possibili implicazioni....:D
L' istante aveva rappresentato quanto segue:
- in data 21.05.2004, H3G S.p.A. comunicava l’entrata in vigore delle modifiche a far data dal 01.07.2004. La nuova tariffa prevedeva 90 minuti di chiamate al giorno e 90 minuti di videochiamate al giorno entro la soglia di gratuità, stabilendo che l’eventuale residuo di contenuti e servizi non fruiti su base giornaliera non fosse più cumulabile con la soglia del giorno successivo, mentre la precedente prevedeva 10 ore di chiamate settimanali e 10 ore di videochiamate settimanali, senza limiti giornalieri;
- in data 29.06.2004, con raccomandata a.r., anticipata via fax, l’istante si opponeva alla suddetta variazione ma, nonostante ciò, a decorrere dal 01.07.2006, H3G S.p.A. provvedeva ad applicare il nuovo piano tariffario;
- in punto di diritto, tali modificazioni, sebbene siano riconducibili all’esercizio di uno ius variandi espressamente previsto dall’articolo 22 delle condizioni generali di contratto, debbono qualificarsi come arbitrarie ed ingiustificate, in quanto poste in essere in violazione dell’art. 1372 c.c., nonché dell’articolo 33, comma 2, lett. m) del Codice del Consumo.
L' Agcom si è espressa sul punto 3, affrontando la questione della "vessatorietà" ed è abbastanza interessante leggere la disamina in relazione alle "potenzialità" e/o implicazioni che può avere sulla questione generale delle rimodulazioni tariffarie.
Queste le valutazioni di Agcom:
" La fattispecie de q ua investe il profilo della legittimità delle clausole contrattuali che abilitano i gestori di telefonia ad operare variazioni unilaterali dei piani tariffari pur in assenza di un giustificato motivo preventivamente individuato in sede di regolamento d’interessi.
L’art. 33, comma 2, lettera m) del codice del Consumo prevede, infatti, che "si presumono vessatorie fino a prova contraria" le pattuizioni che "consentono al professionista di modificare unilateralmente le clausole del contratto, ovvero le caratteristiche del prodotto o del servizio da fornire, senza un giustificato motivo indicato nel contratto stesso".
Orbene, nel caso di specie, l’art. 22 delle condizioni generali di contratto di H3G stabilisce che "..qualora "3" proponga al Cliente modifiche ai Piani Tariffari che comportino un aumento dei corrispettivi dovuti dal Cliente stesso o, comunque, un incremento degli oneri economici previsti a suo carico, il Cliente potrà recedere dal rapporto inerente il Servizio interessato, dandone comunicazione a "3" mediante raccomandata a.r., entro 30 (trenta) giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al precedente comma. Trascorso tale termine, le modifiche comunicate si intenderanno accettate dal Cliente."
Invero, l’analisi della suddetta clausola contrattuale porta ad escludere la sua riconducibilità al novero delle clausole che il citato art. 33, comma 2, lett. m) del Codice del Consumo presume vessatorie.
Ciò in ragione del fatto che la clausola in contestazione non sembra introdurre uno ius variandi suscettibile di spaziare sull’intero contenuto del programma negoziale. Il precetto negoziale esaurisce la sua efficacia nell’ammettere variazioni di costo del servizio pattuito, limitandosi cioè a consentire all’operatore di determinare unilateralmente un aumento di prezzo del servizio telefonico e riconosce, in siffatta evenienza, il diritto dell’utente di recedere dal contratto. Né si può ritenere, d’altronde, che il prezzo sia annoverabile tra quelle "caratteristiche del prodotto o del servizio" che sono prese in considerazione dal citato art. 33, comma 2, lett. m), che sancisce la presunta vessatorietà di tutte le clausole che abilitano a modificare unilateralmente tali elementi senza essere "accompagnate" dalla indicazione dell’apposito "giustificato motivo". All’elemento del prezzo è infatti dedicata la disposizione speciale della lettera o) dello stesso comma, che assume quindi valore prevalente e assorbente.
La circoscritta portata della clausola in argomento consente di propendere – in ossequio al principio di specialità - per il suo inquadramento nell’ambito del citato articolo 33, comma 2, lett. o) del Codice del Consumo, il quale richiede, al fine della presunzione di vessatorietà, due distinti elementi: la fissazione, da parte del professionista, di un prezzo finale "eccessivamente elevato" e la mancanza della previsione, per tale eventualità, di un diritto di recesso a favore del consumatore. Elementi, questi, che si ritiene non ricorrano nella fattispecie in esame, ove è esplicitamente riconosciuto agli utenti il diritto di recedere dal contratto. "
Se vi soffermate su quanto evidenziato in grassetto, potete intuire dove voglio andare a parere....:whistling
E' ovvio che una rimodulazione che non incida "direttamente" sul prezzo debba ricadere necessariamente nell' art. 33, comma 2, lett. m) del Codice del Consumo.
Esempi in tal senso possono essere la rimodulazione del meccanismo di tariffazione ( da secondi a scatti) che sta attuando Vodafone, la rimodulazione del meccanismo di autoricarica di H3g ( per alcuni piani rimodulati il 1° settembre 2007) che ha portato la soglia minima da 3 a 5 euro apportando anche una modifica alla fruizione della stessa ( sia temporale che di di utilizzo)...ecc. ecc.
Insomma una delibera che lascerà il segno a parer mio....:rolleyes: