Wind, finte società estere per evadere il fisco

Repubblica — 08 luglio 2010 pagina 27 sezione: IMPRESE & MERCATI

MILANO - Wind nel mirino del Fisco per le emissioni obbligazionarie effettuate attraverso le società lussemburghesi. Secondo fonti attendibili nei giorni scorsi la società di proprietà del finanziere egiziano Naguib Sawiris e guidata in Italia da Luigi Gubitosi ha ricevuto un verbale di contestazione per 60 milioni di euro da pagare per non aver versato negli anni scorsi la ritenuta d'acconto del 12,5% sulle emissioni di bond "non senior" effettuate attraverso scatole societarie lussemburghesi. L'ispezione della Guardia di Finanza per conto della Agenzia delle Entrate era in corso da circa un anno ed era volta a verificare se i veicoli attraverso cui Wind ha raccolto nel tempo circa 4 miliardi di euro erano effettivamente esistenti e funzionanti. La legge prevede infatti che in presenza di investitori esteri la società italiana che emette il debito debba versare all'erario il 12,5% sugli interessi corrisposti, a titolo di ritenuta d'acconto che poi andrà a compensarsi a seconda del regime fiscale a cui è assoggettato l'investitore estero. A questo obbligo si può sfuggire interponendo tra la società italiana e gli investitori finali una società lussemburghese che raccoglie i soldi e poi li presta alla controllante italiana. È un'operazione lecita se i titoli sono quotati alla borsa lussemburghese e soprattutto se la società schermo non è fittizia ma ha una sede ben precisa con una sua effettiva attività, se ricarica un margine sui prestiti alla controllante, gestisce la tesoreria attraverso un responsabile finanziario e un certo numero di dipendenti. Se tutti questi elementi sussistessero allora la società lussemburghese quando effettua il prestito infragruppo alla casa madre non è obbligata a versare il 12,5% di ritenuta. Ma evidentemente la Guardia di Finanza non ha riscontrato tali elementi nelle oltre 20 società lussemburghesi create da Wind per raccogliere denaro presso gli investitori esteri. Queste strutture, che ricordano molto le poco edificanti Cirio e Parmalat, sono comuni tra i grandi gruppi italiani che emettono bond all'estero ma tutto dipende dalle modalità con cui sono organizzate. Nel caso di Wind il rischio è che l'accertamento da 60 milioni si trasformi nella classica palla di neve è molto alto. Gli accertamenti fiscali per ora hanno riguardato soltanto un prestito da 300 milioni e non il complesso di 4 miliardi di bond "non senior" emesso dalla società di tlc. Se le ispezioni andassero avanti e anche per le altre operazioni si riscontrasse la fittizietà delle scatole lussemburghesi allora la sanzione fiscale potrebbe moltiplicarsi e raggiungere diverse centinaia di milioni di euro. Una nuova tegola che cade su un gruppo, quello di Sawiris, che si sta progressivamente sgretolando sotto il peso dei debiti e dei contenziosi aperti nei vari paesi dove è presente, dalla Grecia, all'Algeria, all'Egitto. Tra l'altro la notizia dell'accertamento fiscale per 60 milioni di euro è sicuramente "sensibile" per i possessori di bond Wind quotati in Lussemburgo, ma finora non è stata data alcuna comunicazione ufficiale. Per cercare di risolvere la grana fiscale Sawiris si sarebbe rivolto allo studio Vitali, ex socio del ministro Tremontie tuttora molto vicino al responsabile dell'Economia. Ma nonostante questa mossa in chiave politica non sembra che l'arcigno responsabile delle Entrate, Attilio Befera, voglia fare alcuno sconto a Wind. Sawiris dopo anni di crescita tumultuosa sta incappando in una serie di ostacoli che rischiano di mettere a repentaglio l'intero gruppo. In Grecia la Wind Hellas è entrata in procedura fallimentare per la seconda volta e facilmente finirà nelle mani degli obbligazionisti. In Algeria il governo ha posto sotto tutela la controllata locale del gruppo Orascom e la rileverà a un prezzo di favore e per quanto riguarda l'Egitto la "put" ottenuta da France Telecom su Mobinil è molto difficile da monetizzare. E per finire entro il gennaio 2013 Sawiris deve trovare due miliardi di euro da restituire ai fondi di private equity altrimenti la maggioranza delle azioni finirà nelle loro mani. GIOVANNI PONS
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