... una prece ...
Chi è sugli "anta" non può averla dimenticata. Parlo di Reneé Longarini, partner di Enzo Tortora in "Portobello", la trasmissione più amata dagli italiani, che si è spenta ieri a 79 anni a Milano. Signora di grande eleganza e discrezione, fu anche attrice, con una parte ne "La Dolce Vita" di Fellini e ne "L' immorale" di Pietro Germi. Il grande pubblico televisivo la conobbe, però, proprio a "Portobello", dove dirigeva il "centralone" che smistava la marea di telefonate che ogni venerdì sera giungevano in trasmissione. Tortora l' aveva ribattezzata "Sua Soavità" per sottolineare la sua classe. Ciao Reneè.
TIM FIVE GO ILIAD 50 GIGA KENA STAR 5 DISCLAIMER: Ogni riferimento a cose o fatti realmente accaduti è da ritenersi puramente casuale.
ginfizzdry declina ogni responsabilità, diretta o indiretta per errori, omissioni, danni eventualmente derivanti dai suoi thread.
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Ah come la detestavo!Non certo personalmente(non ricordavo più neanche il suo nome)ma in quanto partecipante al programma della mia fanciullezza che più di ogni altro detestavo:'Portobello'.
La raccolta dei 'mostri' umani...
Solo un aristocratico(nel senso più alto del termine)come Tortora poteva mettere insieme col sottile disprezzo che gli era proprio, quel circo degli orrori umani che fu appunto 'Portobello'...
Assistere al contrasto stridente tra quello stuolo di telefoniste di una bellezza 'soave' ed il popolaccio deforme che transitava per 'Portobello',mi faceva-allora-odiare Tortora in quanto creatore di questo atroce e voluto contrasto.
Col tempo il 'popolaccio' si e' preso una terribile rivincita nei confronti di quest'uomo...ma questa e' un'altra storia...
Davvero singolare che uno che definisce "popolaccio deforme" la varia umanità che passava davanti alle telecamere di "Portobello" accusi Enzo Tortora di essere un aristocratico. Nelle tue parole livorose si legge un disprezzo per gli altri che impressiona e non in senso positivo. D'altra parte quasi mai mi capita di essere d'accordo con i tuoi commenti ed anche questa volta l' impressione sgradevolissima per me si ripete. Considerare, poi, la tragica vicenda di Tortora come una "rivincita" del "popolaccio deforme" è assolutamente aberrante. Se i detrattori di Tortora e di "Portobello" ti assomigliano, sono strafelice di essere stato e di continuare ad essere un grande ammiratore di Tortora e di ricordare con nostalgia "Portobello" ed i suoi protagonisti.
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1977:l'Europa e' in preda ai più gravi disordini sociali dopo il 68.
Università e scuole occupate,lotta armata,crisi economica.
La cultura e' in prima fila in tali trasformazioni sociali creando nuova musica,arte,letteratura che abbiano una precisa direzione 'eversiva' per scardinare una società considerata vecchia e sorpassata.
A tale turbinio di idee che naturalmente investiva anche la televisione,Tortora come rispondeva?
Creando una trasmissione che aveva come protagonisti...un pappagallo dal becco giallo e i cori alpini.
Assolutamente GE-NIA-LE!
Un autentico,grande maestro dal quale tanto imparare.
Pero' affetto(da uomo di grande sensibilità e cultura qual era)da un pernicioso virus che risponde al nome di Arte del Paradosso.
Infine,sei davvero così certo che le parole del mio precedente intervento abbiano voluto essere rancorose oppure offensive nei confronti di chichessia?
Si, scusami la sincerità, ma le tue parole - secondo me - sono rancorose ed offensive, espressione di una cultura ( meglio pseudo-cultura, poiché la cultura è una cosa seria ) radical-chic che disprezza per principio tutto ciò che è autenticamente popolare, come lo fu senz'altro la trasmissione di Tortora. Che, attenzione, non era fatta solo di "pappagalli e cori alpini" ma illustrava con garbo ed eleganza l' Italia della provincia, con le sue genialità, con le sue speranze, con le sue aspettative. Che parlava del problema della droga, delle persone separate, dei diversamente abili, dei transessuali quando in tv imperversavano solo canzonette e quiz di Mike Bongiorno ( con tutto il rispetto, per carità ). C'era più Italia in una puntata di Portobello che in 20 tomi di sociologia ! Io non credo che si ponesse in contraddizione con l'atmosfera degli anni '70 ( che non fu tutta positiva come tu sembreresti pensare: basta ricordare il terrorismo e l' insicurezza generale, oltre alla crisi economica ), semmai ne veniva a colmare un vuoto: la necessità di ripensare all' individuo, alla vita di tutti i giorni, alle storie che ti potevano capitare e non ai massimi sistemi. Io non vedo tutto ciò come un delitto, come una colpa: la differenza tra il tuo pensiero ed il mio è sopratutto questa. Il "popolaccio deforme" che tu aborri è ,per me, una umanità varia la cui storia mi interessa molto più di tante costruzioni mentali, adorate da certi intellettuali degli anni '70 ( "cattivi maestri" in molti casi ) . Dire, poi, che il dramma di Tortora, carcerato ingiustamente e portato a morte precoce, sia una vendetta del "popolino deforme" contro il "mostro" è affermazione che mi lascia assolutamente basito. A parte il fatto che il problema delle carcerazione preventiva dovrebbe interessare un po' tutti, ma ricordo che - anche in quell' occasione - Tortora dimostrò coerenza e sensibilità, allorquando - eletto deputato al parlamento europeo - rinunciò ( contro il parere dei propri colleghi che non esitarono a parlare di "persecuzione" ) all' immunità parlamentare e si dimise per tornarsene agli arresti. Il fatto è che il "popolino deforme" non trovò vendetta ( e, poi, di che doveva vendicarsi ? ), ma un motivo di preoccupazione in più, espresso nella domanda " e se capitasse a me che non sono neppure un personaggio famoso come mi andrebbe a finire" ? Ma, si sa, gli intellettuali degli anni '70 non badavano a queste bazzecole....
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Molto garbatamente mi sento solo di aggiungere:sei davvero così sicuro di conoscere i miei maestri?
A volte si possono parlare lingue totalmente differenti e dire in realtà cose assai simili,solo non ci si riesce-in apparenza-a comprendere...
L'apparenza non immagini quanto possa ingannare...
Eppure ho 'seminato' nel mio precedente intervento la chiave per leggerlo correttamente...
In ogni caso,da guitto di avan-spettacolo quale indegnamente mi considero,faccio un sentito inchino...
Da molti anni ormai sul mio comodino c'e' un libro:i 'Sonetti' di Giuseppe Gioacchino Belli.
Per chi non lo conoscesse,il Belli fu un poeta dialettale romanesco che visse nella Roma del Papa-re in pieno ottocento.
La caratteristica principale della poesia del Belli e' la satira.
Santi e diavoli,vizi privati e pubbliche apparenti virtù,debolezze e piccole miserie umane:la satira tritura tutto,rendendola materia di derisione e di amara ironia.
Quel mio tanto esacrato ''popolaccio'' e' solo una libera traslazione linguistica del mio amato Belli,libera si ma che non travisa assolutamente il suo spirito arguto,amaro e sagace.
Il popolo e'-in lui-un coacervo di furbizia innocente e immoralità fanciullesca che ha-ai suoi occhi-una sola causa:l'ignoranza e la miseria in cui versano,colpevolmente abbandonati dai 'signori' e dalla loro prepotenza ed alterigia,pronti ad usare quel popolo per i propri fini o semplicemente per continuare a dominarlo.
Dietro tutto i miei paradossi(a che serviranno mai le virgolette in questa nostra lingua?)c'era un omaggio sincero per coloro che vivono e muoiono senza lasciare un nome o una traccia,a modo mio,nello sberleffo di chi ha timore di versare una lacrima...
Se per i baroni di Charlus e' esistito Proust,per i 'mastro Titta' c'è stato il Belli a dar loro l'immortalita'...