Cosa ne pensate dei video porno amatoriali? - Pagina 2
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Cosa ne pensate dei video porno amatoriali?

  1. #11
    Partecipante Scassamarroni L'avatar di Simone
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    Secondo me di esibizionisti ce ne sono... e tanti.
    Simone ©


  2. #12
    Il Sire L'avatar di AndreA
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    beh il porno amatoriale è sempre più florido grazie alla tecnologia, non è certo figlio di questi tempi il voler esternalizzare la sessualità che si ha in coppia... cmq la domanda è sul "produrre porno amatoriale" o sul "vedere porno amatoriale"?

    PErchè le due cose sono ben distinte e con due pubblici non propriamente sullo stesso livello

    @ motopal: leggi questa storia ->
    Filmino porno a Santhià.... ne parlano tutti!!!



  3. #13
    Partecipante Grafomane L'avatar di andybox
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    Tutto fermo dal 2008!
    Il porno amatoriale non tira più .......
    Xiaomi 10 T Pro con Iliad e varie altre sim ;-)

  4. #14
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    il porno è l'unico motivo per il quale abbiamo una rete internet, via via sempre più veloce e sicura...

    in rete si trovano moltissimi articoli a sostegno di questa tesi...

    Andrea

  5. #15
    Il Sire L'avatar di AndreA
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    Citazione Originariamente Scritto da andrea220372 Visualizza Messaggio
    il porno è l'unico motivo per il quale abbiamo una rete internet, via via sempre più veloce e sicura...

    in rete si trovano moltissimi articoli a sostegno di questa tesi...
    Questo branco di segaioli | Testi pensanti

    Questo branco di segaioli. Questi maniaci della pippa. Sono loro che hanno ucciso il Betamax Sony. Che hanno sancito il trionfo del VHS sulla tecnologia Beta. Che si sono portati a casa la prima, costosa generazione di Internet. Che hanno reso possibile l’idea stessa del web. Sono i loro soldi malinconici ad aver pagato per i server. Sono stati i loro acquisti di pornografia online a far crescere le tecnologie di compravendita, tutti i firewall e i sistemi di sicurezza che permettono a eBay e Amazon di esistere. Sono stati questi segaioli solitari che, votando a colpi di *****, hanno fatto vincere il Blu-ray sull’HD nella lotta per la tecnologia di alta definizione dominante a livello mondiale. “Early Adopters” li chiama l’industria dell’elettronica di consumo.
    Loro e il loro patologico isolamento. La loro incapacità di costruire legami emotivi.
    È la verità.
    Questi segaioli, questi malati di pippa, sono loro ad aprire il cammino per noialtri. Quello che li fa sborrare deciderà quello che un milione di vostri figli vorranno il prossimo Natale.


    (Chuck Palahniuk)

  6. #16
    Partecipante Grafomane L'avatar di andybox
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    "più me lo meno più vengo meno per non venir più meno non me lo meno più"...... si vede qui ...

    <font color="#444444"><span style="font-family: arial">

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  7. #17
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    Guido Mariani per "Lettera 43.it"

    L'ultima crociata contro la pornografia su Internet è arrivata dall'Islanda, decisa a censurare i video a luci rosse che circolano in Rete. La proposta è stata accolta con soddisfazione dall'opinione pubblica inglese, spaventata dal crescere del mercato del sesso online. A scavare tra le ricerche, però, si scopre che la diffusione del fenomeno hard sul web è coperto da un fitto alone di mistero.


    Non si conoscono né i reali fruitori né il valore del mercato: le stime variano dai 3 ai 96 miliardi di dollari all'anno e l'ultimo analista che ha provato a fare una ricerca seria, Philip Stark, ha dovuto fare causa a Google per ottenere dei numeri. Di certo c'è che il porno è stato uno dei fattori che hanno contribuito a trasformare internet in una rivoluzione globale: il decano del settore, Larry Flint, lanciò il sito del magazine sexy Hustler nel 1995, quando le connessioni casalinghe erano praticamente sconosciute.
    Fu un ispiratore: agli albori del web i primi siti che riuscirono a conquistarsi un pubblico furono proprio quelli delle riviste soft core. Durante gli Anni 90 quasi la metà delle ricerche online si rivolgevano a contenuti sessuali più o meno espliciti: da allora però le statistiche sono difficilmente attendibili e spesso gonfiate per il desiderio di sensazionalismo. Nel 2003 una società che vendeva software di filtraggio dei contenuti comunicò che esistevano più di 260 milioni di siti porno con una crescita del 1.800% relativa ai precedenti cinque anni.


    Allora il mercato, secondo le denunce di associazioni di attivisti quali Citiziens for decency, fruttava intorno ai 3 miliardi di dollari in tutto il mondo, con 37 milioni di utenti. Ma i dati diffusi, attribuiti a più fonti, erano difficilmente verificabili. Il primo autentico studio sistematico per capire quanta pornografia occupasse la rete è stato effettuato da Philip Stark, docente di statistica dell'università californiana di Berkeley, su incarico del dipartimento di Giustizia americano, nel 2006.
    Ai tempi l'amministrazione americana voleva numeri per corroborare un provvedimento legislativo chiamato Child Online Protection Act che avrebbe richiesto ai gestori dei siti web di verificare l'età degli utenti che accedevano a contenuti proibiti ai minorenni. Stark fu costretto a portare il colosso dei motori di ricerca in tribunale perché comunicasse un campione di 50 mila ricerche e di siti web correlati presenti nei propri archivi informatici. Alla fine, dati alla mano, l'indagine appurò che circa il 6% delle ricerche in rete erano di contenuto sessuale e che l'1,1% dei siti indicizzati da Google e da Microsoft era pornografico. Molto meno di quanto si fosse temuto.
    Quattro anni dopo, nel 2010, i neuroscienziati americani Ogi Ogas e Sai Gaddam, docenti della Boston University, hanno riprovato a fare il computo e a quantificarne il valore. Nel saggio A billion wicked thoughts («Un miliardo di pensieri perversi») i due hanno deciso di prendere in considerazione il primo milione di siti web più trafficati, trovando che di questi solo 42.337 erano dedicati completamente al sesso, circa il 4%.


    Una percentuale forse non altissima, benché alcuni avessero una popolarità straordinaria con traffico mensile dai 7 ai 32 milioni di utenti. Su un campione di 400 milioni di parole inserite nei motori di ricerca, inoltre 55 milioni avevano un riferimento sessuale. Ogas e Gaddam, in qualità di neurologi, spiegarono anche il ruolo del sesso online nelle pulsioni evolutive del maschio, per sua natura portato a «rendere le donne un oggetto».
    Insomma, il pornomane non era che l'evoluzione del terzo millennio dell'uomo cacciatore, senza l'arco e le frecce ma con un mouse in mano. Quanto però tali pulsioni potessero fruttare è stato più difficile da valutare. «Non si sa quanti soldi vadano all'industria del porno: i dati sono falsi o non attendibili. Abbiamo cercato di fare ricerche e abbiamo scoperto che gran parte degli operatori del settore sono società piccole che nascondono la contabilità o modificano i conti», scrisse Ogas. «I grandi operatori non diffondono cifre. C'è chi dice che solo in America sia un'industria da 3 miliardi di dollari. Non lo penso proprio».
    Le Nazioni Unite, tuttavia, in una relazione del 2012 sulla pornografia infantile in rete hanno quantificato il valore del sesso online in 96 miliardi di dollari, di cui 3 miliardi solo derivanti dallo sfruttamento dei bambini. Un dato in contraddizione con le notizie diffuse da Adult Video News, una specie di agenzia americana di informazione sula pornografia, che ha registrato la crisi dell'intero comparto a partire dal 2008, parallelamente alle difficoltà economiche internazionali.


    La facilità a reperire materiale del tutto gratuitamente avrebbe reso infatti parte dell'industria obsoleta e non redditizia. L'imporsi dei social network, Facebook su tutti, ha ulteriormente ridotto in percentuale le ricerche dedicate al sesso e lo spazio e il tempo che l'utente del web dedica al porno.
    Sarà. Ma nel 2012, il sito Alexa.com, che registra il traffico in rete, ha certificato che tra i primi 50 portali più trafficati al mondo due erano dedicati ai video porno (gratuiti), ed erano entrambi più popolari della home page della Apple. Gli utenti sono sempre meno disposti a pagare per i film, facilmente reperibili senza spendere, ma sembrano più propensi ad aprire il portafoglio per spettacoli privati e per interagire attraverso lo schermo con modelle che spesso sono ragazze comuni che arrotondano lo stipendio.
    Una nuova forma di prostituzione a distanza e che, secondo l'emittente televisiva Cnbc, produce una richiesta di migliaia di modelle nuove ogni giorno. Le più intraprendenti possono guadagnare, secondo dati provenienti dai gestori di questi siti web, fino a 10 mila dollari al mese.


    Andrea

  8. #18
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    Alessio Jacona per "l'Espresso"

    Anno 1998. Un giovane sviluppatore italiano appena uscito dal liceo ottiene il suo primo lavoro: creare un forum on line per scambisti. La tecnologia del tempo è avara di soluzioni, mentre le richieste del committente sono al contrario articolate e puntuali. Per portare a casa la commessa servono creatività, iniziativa, sviluppo di soluzioni ex novo. La sfida è bella, il denaro non manca e il progetto parte. Il risultato sarà una community che già 12 anni fa metteva a disposizione degli utenti strumenti allora avveniristici come la chat in tempo reale, l'e-commerce e poi addirittura l'invio di sms via Web.
    «Anche per quest'ultima funzionalità, al tempo non c'era niente di pronto», racconta Francesco Fullone, quel giovane sviluppatore divenuto oggi imprenditore del Web, «e dovemmo crearla da zero, collegando al pc l'unico cellulare che allora aveva una connessione compatibile». Passeranno anni prima che qui da noi si senta parlare di Facebook.
    L'esperienza di Francesco spiega bene come, dagli albori di Internet in poi, l'industria del porno sia stata per lo sviluppo tecnologico della Rete quello che la ricerca militare ha rappresentato per lo sviluppo dell'hardware: una spinta e un sostegno economico inesauribili. «Non bisogna dimenticare quanto terribile fosse la tecnologia di Internet intorno ai primi anni Novanta», spiega l'esperto di nuove tecnologie canadese Patchen Barss: «Costosa, inaffidabile, complicata. Ripensandoci, è difficile credere che qualcuno possa aver avuto la pazienza di usare quegli strumenti, svilupparli e migliorarli».
    IL MOTORE EROTICO
    Però è così che andata, e a cosa si debba un tale miracolo Barss lo spiega nel suo libro "The Erotic Engine", ovvero "Come la pornografia ha sostenuto la comunicazione di massa da Gutenberg a Google": «Coloro che hanno investito competenze e denaro in Internet, lo hanno fatto perché il premio era la pornografia - prima il testo, poi le immagini e infine il video. Essa ha generato la domanda per gli accessi a Internet, per maggiore velocità e stabilità di connessione, e per interfacce migliori. Al punto che in molti stimano che nell'era precedente al World Wide Web i contenuti a sfondo sessuale rappresentassero l'80 per cento del traffico totale».
    Tutto questo ha avuto conseguenze in termini di innovazione, per documentare la quale Barss porta tre esempi specifici: «Il meno "sexy" è l'ampiezza di banda: la richiesta crescente per contenuti di qualità ha spinto la domanda di connessioni a Internet sempre più veloci ed efficienti, contribuendo alla costruzione dell'infrastruttura tecnologica di cui tutti oggi ci avvaliamo».


    La seconda conquista è stata il commercio elettronico: «Internet è nata nel cuore dell'esercito americano e si è diffusa grazie alle università, ma è ai produttori di pornografia che si devono sia le tecnologie per l'e-commerce, sia quelle per la protezione delle transazioni, nonché il merito di avere "educato" gli utenti all'uso dei nuovi strumenti. Senza di loro», aggiunge, «oggi non avremmo l'home banking, ma neanche siti come eBay o Amazon». Terzo ma non per questo meno importante, la tecnologia alla base dello streaming video, quella su cui girano servizi ormai ultra noti come YouTube o Vimeo.
    Ed è solo l'inizio: in tempi più recenti, all'industria del porno dobbiamo la magia della georeferenziazione, ovvero la capacità di localizzare un utente in tempo reale e di costruire servizi intorno alle informazioni relative alla sua posizione geografica. Una tecnologia che l'industria dell'hard ha messo a frutto per esempio associandola a sistemi di distribuzione pubblicitaria più avanzati persino di Adsense, la piattaforma di advertising cui deve la propria ricchezza la stessa Google.
    «La georeferenziazione nasce nei siti porno per soddisfare un'esigenza specifica», dice ancora Fullone: «Mostrare all'utente pubblicità strettamente correlata al luogo in cui esso si trova in un dato momento, spesso per indicarglile inserzioni di prostitute nelle vicinanze». E funzionava bene, almeno «finché i regolatori di molti paesi non hanno cominciato a inasprire le leggi a riguardo».


    IL TRASFERIMENTO TECNOLOGICO
    E oggi che quella stessa tecnologia la ritroviamo alla base di servizi che con la pornografia non hanno nulla a che fare, come ad esempio Forsquare e Gowalla, il tema è anche capire come avvenga l'osmosi di strumenti e competenze con gli altri settori: «Tipicamente, produttori e consumatori di pornografia sono anche "early adopters"», spiega Barss,«gente che si precipita a sperimentare le novità tecnologiche di ogni genere. E se il sesso è la motivazione iniziale, smette di esserlo in seguito: questi "utenti avanzati" sono anche il miglior pubblico per nuovi servizi non porno, e con competenza ed entusiasmo contribuiscono a diffonderne l'uso tra le masse.
    È uno schema che si ripete da secoli», aggiunge, «e che si conclude con l'oblio, volontario o meno, delle origini porno di ciascuna tecnologia». Pensare che anche chi non frequenta la Rete, ma ad esempio ha un videoregistratore in casa, deve qualcosa al "motore erotico" teorizzato da Barss. E confermato da Gianni Celata, docente di economia dei media e Ict alla Sapienza di Roma, che spiega come il richiamo di pubblico della pornografia sia «alla base del successo di qualsiasi piattaforma di entertainment insieme ad altri due elementi che più distanti non potrebbero essere: i giochi come "Lascia o raddoppia?" e l'intrattenimento dedicato ai bambini».
    I TEMPI CAMBIANO
    Tuttavia neanche il porno è più quello di una volta. Come spiega Luca Mascaro, esperto di Rete e amministratore delegato di Sketchin, «negli ultimi anni i vari siti a luci rosse si sono federati e ormai ci sono due o tre proprietà che controllano la maggior parte dei contenuti porno pubblicati on line. E oggi il modello di business è attirare traffico e reindirizzarlo verso offerte commerciali come farmaci e altri prodotti "imbarazzanti" oltre che difficilmente pubblicizzabili su canali tradizionali come quello di Google». Inoltre i produttori di pornografia sono a tutti gli effetti editori, e come tali hanno conosciuto la crisi che investe e tormenta da anni anche gli altri editori.
    Da un lato, videocassette e riviste cartacee sono state spazzate via; dall'altro gli attori, veri protagonisti del settore, hanno iniziato a usare ad esempio Twitter per dialogare con il proprio pubblico di riferimento, disintermediando i loro ex capi e tagliandoli fuori. Hanno creato siti personali dove vendono "dal produttore al consumatore" il frutto del loro lavoro. E se devono fare uno spettacolo live in streaming, ormai «non investono nello sviluppo di nuove tecnologie ma prendono quelle che già ci sono, come quando usano Google Hangouts per fare spettacoli in streaming».
    UN DEBITO CHE RESTA
    Se i tempi sono cambiati, il debito verso l'industria del porno però resta, e consistente. E pone un problema storiografico che, secondo Barrs, «dipende soprattutto dal fingere che il ruolo dell'industria pornografica non esista». E poi c'è anche un altro aspetto di cui tener conto: «Internet non è stata costruita solo da chi vende e compra pornografia ma anche da persone animate da "amore passionale", che creano materiale pornografico per il proprio partner e hanno fatto propri gli strumenti della Rete animate dal desiderio di connettersi con altri utenti».

    Andrea

  9. #19
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    In effetti è vero..l
    Valerio L.
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    Wind All Inclusive Super + Open Internet 4G - Lumia 635
    https://telegram.me/mondo3

  10. #20
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    Insomma senza la pornografia saremo ancora all'età della pietra x quanto riguarda internet
    H3G: 3power10 Raddoppia la ricarica per sempre
    Vodafone: Vodafone 15, Special 1000

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